E’ nel cuore del Quartier Latin di Parigi che lo chef giapponese Hiroki Yoshitake e il suo socio Youlin Ly (già proprietario del rinomato locale giapponese Sake Bar) hanno scelto di aprire il loro ristorante Sola, un piccolo scrigno di creatività e qualità gastronomica dove Giappone e Francia trovano la loro perfetta sintonia. Appassionato di cucina francese fin dall’adolescenza, Hiroki arricchisce la sua formazione lavorando nelle cucine di tutto il mondo. Oggi, insignito di una stella Michelin, ogni giorno si occupa personalmente della scelta di prodotti stagionali freschi e di qualità nei migliori mercati della capitale. I suoi menu, stabiliti secondo le disponibilità del giorno e l’ispirazione del momento, sono presentati con un’eleganza straordinaria, serviti con la discrezione e l’efficienza di uno staff 100% giapponese. Dopo aver mangiato qui, si capisce la scelta del nome: Sola in giapponese significa “cielo” e qui si arriva davvero a toccarlo con un dito.
PUNTO DI VISTA WAKAPEDIA
“Sei stato da Sola?” “Magari! Non riesco mai a prenotare” “E tu, da Sola?”
Sola, Sola, Sola, Sola…Basta Basta Basta!!! sento questo nome dappertutto. Ormai tra i giapponesi a Parigi non si parla d’altro. Questo ristorante ha davvero un’ottima fama e di recente ha persino ottenuto una stella Michelin. Anche se il nome, in italiano, non promette nulla di buono, mi sono decisa a provarlo dopo l’incontro col mio amico Youlin.
Il locale si sviluppa su due piani: il superiore ha l’atmosfera di un ristorante essenziale, moderno ed elegante; il piano sottostante, invece, è un attraente incrocio tra un izakaya giapponese, con tavoli a livello del suolo, e un cantina di vini francese, con una volta a botte e pietre grezze a vista. La luce soffusa e avvolgente mi ricorda molto il saggio “il libro dell’ombra” di Jun’ichiro Tanizaki che esalta il fascino dell’ombra e della luce nella cultura tradizionale giapponese. Incantata dall’ambiente, mi chiedo come sarà la cucina. Dopo averla provata, la definirei… ILLUMINANTE!
Lo chef Hiroki utilizza i migliori prodotti freschi sul mercato francese e li cucina con un mix di condimenti tipici giapponesi (sake, miso, dashi, mirin…) che rende il risultato davvero sorprendente palato. Anche la vista è pienamente appagante: le sue composizioni raffinate evocano sobri giardini giapponesi e le eteree composizioni floreali dell’Ikebana(l’arte della disposizione dei fiori recisi).
Sola è il posto perfetto per far colpo sulla propria fiamma e per stupire il proprio partner grazie al suo ambiente intimo adatto alle coppie. Io “purtroppo” ci sono andata col mio amico Giorgio e abbiamo solo potuto parlare di porcate, da bravi compagni fuori a cena.
Sara Waka: Ciao, sono Sara Waka! (in italiano)
Yoshitake: ???? (Lo chef guarda Sara con un’enorme espressione da punto interrogativo che pare dire “Ma sta qua cosa ha fumato??” ndr)
Sara Waka: (sorride e poi, passando al giapponese) Scusami, intendevo dire, watashi wa Sara Waka desu.
Yoshitake: Ciao, sono Yoshitake Hiroki (con il volto un pochino più disteso, dopo aver sentito la lingua di casa, ndr)
Sara Waka: La volta scorsa, quando ho mangiato qui, mi è piaciuto davvero moltissimo!
(Lo chef abbozza un sorriso imbarazzato, allora Sara capisce che deve smorzare un po’ la tensione. ndr)
Sara Waka: Ehi, tranquillo, questa intervista non è nulla di complesso…è giusto una conversazione fra me e te, per scambiare quattro chiacchiere quindi take it easy, zio! (Che dire, siamo tutti curiosi di sapere come caspita si dica zio, nell’accezione dialettale milanese, in Giappone! ndr)
Non per fare la critica gastronomica, ma giusto per darti una mia impressione personale sulla tua presentazione dei piatti…mi pare che il tuo modo di impiattare ricordi molto l’ikebana.
Yoshitake: Ah, è la prima volta che qualcuno me lo dice…
Sara Waka: Anche i piatti giapponesi che usi sono molto essenziali e secondo me fanno risaltare ancora di più le tue splendide creazioni di Ikebana Cuisine ! E poi, ho visto che inserisci dei fiori veri nei tuoi menu. Sono commestibili immagino?
Yoshitake: Beh certo, non voglio uccidere nessuno! (sguardo basito dall’ovvietà della domanda, ndr)
SaraWaka: Che fiori usi?
Yoshitake: Diversi tipi, per esempio mi piace molto usare la violetta.
Sara Waka: Ah, sì? Pensa che è uno dei miei fiori preferiti! Non avrei mai pensato di poterlo assaggiare in un ristorante. A parte questo impiego dei fiori, qual è il concept alla base della tua cucina?
Yoshitake: La mia cucina deve rappresentami, deve parlare di me e di tutto quello che ho imparato e che mi ha fatto arrivare fino a qui. Sai, ho viaggiato parecchio e lavorato in cucine di molti paesi diversi..
Sara Waka: E perché alla fine sei venuto proprio in Francia?
Yoshitake: Perché agli inizi, quando ancora ero in Giappone, ho studiato a lungo la cucina francese e, anche dopo aver girato il mondo e scoperto nuove tecniche, ho capito che volevo dedicarmi alla cucina francese perché era quella che mi si addiceva di più. Questo non vuol dire che ho cancellato tutto il resto: io faccio cucina francese, ma conservo sempre una base del mio paese d’origine con ingredienti e tecniche giapponesi. Mi piace mixare il tutto e penso sia questo il mio punto di forza.
Sara Waka: Sono d’accordo con te! Mi ricordo che l’altra volta ho mangiato un ottimo fois gras cucinato con del miso..
Yoshitake: E’ vero, mi piace creare accostamenti di gusti, prodotti e tradizioni gastronomiche, ma senza dettare leggi o stabilire regole fisse. La sperimentazione e la libertà per me sono molto importanti.
Sara Waka: Quindi sei per una cucina non accademica e completamente free..
Yoshitake: Esatto, ed è anche per questo che ho scelto il nome Sola (in giapponese: “cielo”) per il mio ristorante, perché il cielo unisce tutto e tutti, è unico per tutti i paesi del mondo.
Sara Waka: Molto poetica come scelta, ma sai che in italiano la parola “sola” non ha un significato molto positivo?!
(Sara rompe questo momento magico di meditazione sull’infinita grandezza del cielo e sull’unità dei popoli, spiegando allo chef che “sola” in italiano significa “buono a nulla”, “mezza calzetta”. Avendo intravisto sul suo volto uno sguardo perso, tra l’orrore e la depressione, Sara cerca di rimediare dicendogli che “sola” può significare anche “unico”. Piccolo dettaglio omesso: nella seconda accezione, la parola ha un altro accento ed è solo al femminile singolare! ndr)
Sara Waka: Secondo te, cosa accomuna la cucina francese e quella giapponese?
Yoshitake: Entrambe hanno una tradizione molto lunga, storie molto diverse ma entrambe ricche. Io, più che concentrarmi sulle loro differenze, voglio abbattere le barriere culturali/culinarie per dare vita a qualcosa di nuovo e di speciale.
Sara Waka: E hai trovato delle differenze sostanziali?
Yoshitake: Sì, ammetto che è diverso. In Giappone ci concentravamo di più sulle tecniche francesi più raffinate, con decorazioni sofisticate e porzioni piccole da nouvelle cuisine. Venendo in Francia, invece, ho conosciuto la cucina francese della tradizione popolare ed è stata una splendida scoperta.
Sara Waka: E se ti chiedessi cos’è per te l’arte, come risponderesti?
Yoshitake: Onestamente, non ci ho mai pensato..
Sara Waka: Ah…ok…Beh, posso dirti che i tuoi piatti, capaci di incantare tutti e cinque i sensi, sono vere opere d’arte, no??
Yoshitake: Ah…allora diciamo che per me l’arte è questa! (ridendo)
Sara Waka: Ok, ultima domanda di rito: mi dai un bacio?
Yoshitake: Come?! Qui?! Adesso?!(Con uno sguardo tra lo sbigottito e lo spaventato. Per i giapponesi è alquanto raro e bizzarro scambiare effusioni in pubblico con gli sconosciuti, ndr)
A questo punto, interviene l’amico e aiuto chef di Hiroki, Atsushi (anche lui giapponese e a sua volta chef e proprietario del Restaurant A.T ), che sghignazzando per la situazione si sporge dalla porta e dice: “Divertente questa intervista, posso farne una anche io? Ho già la risposta pronta all’ultima domanda!” (Ah, burlone! ndr)
Alla fine, Hiroki dà a Sara un timido bacio sulla guancia, arrossendo come un…gambero rosso! (Giusto per restare in tema, ndr)
Description & Interview: Sara Waka
Edited by: Federica Forte